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lunedì 23 aprile 2018

Cyber Risk e Security - Antiterrorismo - Sicurezza Privata

Ad oggi nel sistema Italia, o meglio nel sistema della sicurezza privata e nello specifico in riferimento al core business delle imprese del settore, si nota una scarsa vision imprenditoriale rivolta all'offerta di servizi / protocolli di intelligence e protezione dei dati e del traffico nel cyber space.
L'evoluzione della tecnologia e l'evoluzione del crimine  sono quei parametri di cui si dovrebbe tener conto soprattutto per restare competitivi in un settore in continua evoluzione, perché se non si colgono questi segnali la crisi economica che attanaglia ormai da anni il comparto della vigilanza privata è di difficile superamento.
Altresì è necessario analizzare che il sistema economico è vulnerabile anche sotto il profilo del terrorismo, la cui attenzione da parte dei "terroristi"si sta sempre più rivolgendo al cyber space al fine destabilizzare l'economia nel vecchio continente, così da rendere più efficace e facile l'azione terroristica, perché nel caos è sempre più facile agire per portare a termine i progetti di conquista e vendetta.
Quindi le imprese di settore oltre alla riqualificazione delle risorse umane, in particolare riguardo all'adeguamento giuridico, avrebbero il dovere di tutelare le proprie attività ed i relativi livelli occupazionali, ampliando la propria visione imprenditoriale guardando oltre gli orizzonti, cogliendo ciò che il mercato oggi offre esclusivamente per garantire la sicurezza dello stesso, nonché contribuire alla sicurezza nazionale.

EP
Security Expert, Intelligence Analyst and Terrorism Expert I. R.
Membro Collegio Sicurezza M.I.


martedì 6 giugno 2017

Terrorismo, Territorio e Sicurezza Complementare!

Alla luce delle ultime informazioni dei servizi d'Intelligence, nonché degli ultimi attentati, si ritiene necessaria la disamina di una riforma legislativa del comparto sicurezza, nello specifico della figura professionale delle gpg, incaricato di pubblico servizio, al fine di renderla parte integrante del sistema sicurezza nazionale sia sotto il profilo legislativo sia operativo.
Questo passo è necessario per affrontare al meglio le emergenze terroristiche del futuro con la giusta attività di prevenzione e sorveglianza dei territori, perché un buon sistema di sicurezza del territorio non può prescindere da sorveglianza primaria e costante, coinvolgendo una platea di attori sempre più ampia e professionalizzando al meglio tutte quelle risorse umane di cui si dispone, come le gpg, lasciate ai margini del sistema di sicurezza, in modo errato e scarsamente lungimirante.
Il ns supporto è a disposizione delle autorità per iniziare un inversione di rotta, quanto mai ad oggi necessaria.

Per CC-RTI
EP
Security Expert, Intelligence Analyst & Terrorism Expert I. R. 

martedì 10 gennaio 2017

Sicurezza & Terrorismo

Quando la paura è un concetto concreto e peraltro motivato, bisogna fare sistema. Tra chi controlla il territorio, chi si occupa delle indagini, chi si concentra sull'intelligence. Anche l'Italia deve realmente temere il terrorismo islamico? E allora il capo della polizia Franco Gabrielli si espone in prima persona e in due interviste afferma senza mezzi termini che «prima o poi l'Isis colpirà anche noi». E le novità non si fermano qui. Se negli ultimi tempi, infatti, se ne era parlato spesso - ma il risultato era sempre rimasto un nulla di fatto - dopo una circolare emessa a novembre scorso dal Dipartimento di pubblica sicurezza, è doveroso, per qualunque appartenente alle forze dell'ordine di tutta Italia, girare armato anche fuori servizio. Un invito su cui, i primi tempi, era scesa una coltre di riservatezza, ma che adesso non è più possibile negare e tanto meno smentire. Nel frattempo a Milano la tensione tra la gente è altissima. Ora che l'espressione «attentato in Italia» è stata sdoganata da Gabrielli, è chiaro che le persone temano ogni borsa o valigia abbandonata e non si sentano affatto sicure quando salgono su un convoglio della metropolitana. Non diciamo nulla di nuovo affermando che la Milano rappresenta uno dei punti più critici dell'intera nazione. Non solo perché la Lombardia ha il numero più alto di foreign fighters accertati, non solo perché l'ultimo terrorista islamico, un «loro soldato», è stato ucciso a Sesto San Giovanni e quindi il risentimento verso il capoluogo lombardo è aumentato, ma anche dal punto di vista geografico, a differenza di Roma, Milano rappresenta, per le numerose vie di comunicazione che l'attraversano e la collegano ad altri stati, il cuore dell'Europa.
«È giusto che la gente capisca, è un dovere prepararla psicologicamente a un probabile, possibile, potenziale attacco terroristico. Pur senza creare un allarmismo preciso anche perché, fino a ora, non è stato segnalato dall'intelligence nessun obiettivo sensibile che possa essere più appetibile di altri per questi terroristi. Le dichiarazioni del capo della polizia possono anche riuscire a stimolare la popolazione a un maggiore senso civico, quindi a collaborare maggiormente a livello informativo con le forze di polizia. Così si fa sistema».
Mentre le forze dell'ordine a Milano attendono con ansia un potenziamento delle squadre investigative, i cui organici sono ancora fermi a quando non c'era l'emergenza terrorismo, ci sono tanti casi aperti e tante segnalazioni da verificare. Per il momento, a Milano, solo il controllo del territorio è stato rinforzato al massimo, ma questo potenziamento ha senso soltanto se va pari passo a un altro potenziamento: ci sono operazioni che il poliziotto in divisa (o comunque le pattuglie in genere) infatti non può fare, occorre l'intervento di chi è abituato a indagare e conosce il fenomeno.
È vero: in città la vigilanza è massima. Non solo sono aumentati i controlli alle persone, ma ci sono più zone interdette al traffico dei veicoli e più controlli radiogeni (attraverso apparecchiature in grado di individuare facilmente armi, esplosivi, droghe ed oggetti pericolosi in bagagli, pacchi e borse) nei musei o nelle arre di grande affluenza. Numericamente, infatti, gli operatori che lavorano per l'Antiterrorismo - siano essi appartenenti alla Digos della polizia di Stato, ai Ros dei carabinieri o uomini della Guardia di Finanza - in una città come Milano, sono ancora troppo pochi: per fronteggiare le molteplici sfaccettature di ciò che oggi rappresenta il terrorismo islamico dovrebbero essere almeno il doppio. E poi questi investigatori non possiedono «licenza di uccidere». Spieghiamo. Lo scambio informativo con le forze di polizia europee non è così scontato e non ci sono banche dati unificate a livello continentale: quella dei clienti degli alberghi, che ai tempi del terrorismo rosso era accessibile a tutte le forze di polizia, infatti ora può essere consultata soltanto dalla Digos. Infine, in un momento storico in cui il controllo dei flussi di denaro è fondamentale per contrastare i complessi meccanismi di finanziamento al terrorismo, sarebbe auspicabile dare la possibilità anche al personale della Digos e dei carabinieri di accedere alla consultazione delle banche dati tributarie che invece sono a uso esclusivo solo della Guardia di Finanza e dell'agenzia delle entrate. 

Quando la paura è un concetto concreto e peraltro motivato, bisogna fare sistema. Tra chi controlla il territorio, chi si occupa delle indagini, chi si concentra sull'intelligence. 

Anche l'Italia deve realmente temere il terrorismo islamico? E allora il capo della polizia Franco Gabrielli si espone in prima persona e in due interviste afferma senza mezzi termini che «prima o poi l'Isis colpirà anche noi». E le novità non si fermano qui. Se negli ultimi tempi, infatti, se ne era parlato spesso - ma il risultato era sempre rimasto un nulla di fatto - dopo una circolare emessa a novembre scorso dal Dipartimento di pubblica sicurezza, è doveroso, per qualunque appartenente alle forze dell'ordine di tutta Italia, girare armato anche fuori servizio. Un invito su cui, i primi tempi, era scesa una coltre di riservatezza, ma che adesso non è più possibile negare e tanto meno smentire. Nel frattempo a Milano la tensione tra la gente è altissima. Ora che l'espressione «attentato in Italia» è stata sdoganata da Gabrielli, è chiaro che le persone temano ogni borsa o valigia abbandonata e non si sentano affatto sicure quando salgono su un convoglio della metropolitana. Non diciamo nulla di nuovo affermando che la nostra città rappresenta uno dei punti più critici dell'intera nazione. Non solo perché la Lombardia ha il numero più alto di foreign fighters accertati, non solo perché l'ultimo terrorista islamico, un «loro soldato», è stato ucciso a Sesto San Giovanni e quindi il risentimento verso il capoluogo lombardo è aumentato, ma anche dal punto di vista geografico, a differenza di Roma, Milano rappresenta, per le numerose vie di comunicazione che l'attraversano e la collegano ad altri stati, il cuore dell'Europa.

«È giusto che la gente capisca, è un dovere prepararla psicologicamente a un probabile, possibile, potenziale attacco terroristico. Pur senza creare un allarmismo preciso anche perché, fino a ora, non è stato segnalato dall'intelligence nessun obiettivo sensibile che possa essere più appetibile di altri per questi terroristi. Le dichiarazioni del capo della polizia possono anche riuscire a stimolare la popolazione a un maggiore senso civico, quindi a collaborare maggiormente a livello informativo con le forze di polizia. Così si fa sistema».

 A questo ci auspichiamo trovi giusta collocazione il settore della sicurezza sussidiaria alle FF.OO., quale la vigilanza privata, affinché tutto configuri la prima fase del progetto Homeland Security EP@.
NPS
EP
http:// consultingcorporationrti.blogspot.com